Di origini napoletane, Giovanni Antonio Alvina visse nel Seicento, e a diciotto anni entrò nella congregazione dei ministri degli infermi (chiamati volgarmente ‘crociferi’, oppure ‘camilliani’ dal loro fondatore, Camillo de Lellis). Viene ricordato più volte da Carlo de Lellis nell’Aggiunta alla Napoli sacra dell’Engenio (entro il 1689) come autore di “un libro delle chiese e cappelle di Napoli” evidentemente degno di essere menzionato, se non altro per la “cognizione” dimostrata “di ogni minuzia e minima cappelluccia della città”. L’Alvina lavorò alla sua opera, intitolata Catalogo di tutti gli edifizi sacri della città di Napoli e suoi sobborghi, fino alla fine, ma non poté vederla stampata perché morì prima. A distanza di circa venti anni il Catalogo fu aggiornato da un altro autore con aggiunte sparse, e nel 1883 Stanislao d’Aloe provvide a pubblicare il manoscritto – adespoto e conservato all’epoca nell’archivio della chiesa di San Giorgio Maggiore di Napoli (oggi irrintracciabile) – nell’Archivio storico per le provincie napoletane.
Non sono note le date di nascita e di morte dell’Alvina.
Emilio Ricciardi, Precisazioni sul manoscritto di San Giorgio ad Forum, in “Napoli nobilissima”, VII, 2006, pp. 135-140.
Carlo de Lellis, Aggiunta alla “Napoli sacra” dell’Engenio Caracciolo, entro il 1689 (Napoli, Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III”, ms. X.B.20-X.B.24), a cura di Elisabetta Scirocco, Michela Tarallo e Stefano De Mieri, Firenze, Fondazione Memofonte 2013 (solo in rete: http://www.memofonte.it/), I, X.B.20, pp. 9-10 (del pdf)